• 400g di fagioli bianchi cannellini secchi
• 400g di cavolo nero
• 700g di cavolo verza mezza palla
• 300g di bietola in foglia
• 2 patate medie
• 1 cucchiaio di conserva ( o 300g di pelati)
• timo o pepolino
• odori ( 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio, 2 gambi di sedano, 2 carote)
• olio extra vergine di oliva di frantoio
• 400g di pane scuro casalingo raffermo
Preparazione
La stagione fredda delle campagne toscane, la famiglia raccolta attorno alla tavola, il calderone di rame al centro del camino, il profumo del cavolo in ebollizione: da secoli la ribollita è sinonimo di cucina popolare povera toscana. Le famiglie infatti si arrangiavano preparando abbondanti zuppe a base di legumi e verdure che facevano ribollire con i residui di pane provenienti dalle mense dei nobili oppure dalla cottura settimanale nei forni comuni.
Era conosciuta come “zuppa toscana di magro dei contadini” e infatti l’Artusi la chiama così.
Nella Firenze seicentesca di Cosimo II de’ Medici il cultore di gastronomia Giovanni Del Turco descrive nel suo libro di ricette “Epulario e segreti vari. Trattati di cucina toscana nella Firenze seicentesca” una minestra che andava molto in voga a corte:
“Prendi due o tre cipolle grosse e nettale dalla prima scorza et così intere mettetele in una pignatta d’aqqua che non sia piena affatto, acciò poi vi si possa mettere il cavolo et in quella pignatta metti come si è detto le cipolle, olio et sale e lasciale cuocere bene et una ora avanti a desinare vi metterei a cuocere il cavolo et poi si mandi in tavola con fette di pane sotto.”
Pane raffermo e cavolo nero. Ancora oggi l’essenza della ribollita è questa.
Il termine Ribollita si riferisce a un procedimento: l’atto di far ri-bollire una o più volte la zuppa preparata in anticipo.
In sostanza una ribollitura degli avanzi che venivano “ravvivati” mediante la loro mescolatura ed ulteriore cottura: una zuppa di recupero molto diffusa, antenata dell’attuale ribollita.
ribollita s. f. [der. di ribollire]. – In Toscana, minestra di cavolo nero e fagioli passati, fatta ribollire con fette di pane; in passato, era così chiamato anche il caffè fatto con i fondi di una precedente preparazione.
Questa è la definizione che il vocabolario Traccani dà della ribollita toscana. Anche da questa definizione si evince che se il cavolo non è nero la ribollita non è quella originale toscana. Esistono infatti diverse varianti, ma quelle autentiche sono fatte con il cavolo nero.
Ma cosa ha di speciale il cavolo nero toscano detto anche cavolo palmizio o a penna? È una razza molto resistente e si distingue dalle altre per essere acefala, nel senso che non fa la palla.
E’ facile intuire come per una zuppa fatta di avanzi non sia facile individuare gli ingredienti originali: un piatto spontaneo, fatto di ciò di cui si disponeva al momento. Nel corso dei secoli, la preparazione della Ribollita si è affinata ed è diventata una vera e propria ricetta dalle diverse versioni, tutte vere, se, ripeto, fatte col cavolo nero.
In tutte le varianti toscane della ricetta vi è la presenza costante di questi quattro ingredienti:
“Questa zuppa che, per modestia, si fa dare l’epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori, se fatta con la dovuta attenzione”
Pellegrino Artusi
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